Vincenzo Filisetti

VINCENZO FILISETTI LA 'COMUNITÀ' DI GERVASIO 

Gervasio-Coccaglio rappresenta, per quelli che hanno conosciuto l'amico scomparso, un binomio inscindibile per le forti ragioni che hanno legato la sua vita, la sua testimonianza terrena alla comunità coccagliese. 
Coccaglio è il paese natale di Gervasio dove nacque il 7 ottobre 1950 da una famiglia già radicata sul territorio: papà artigiano-carrozziere insieme ai fratelli, ed una parentela diffusa e stimata nel paese.

A Coccaglio Gervasio legò la sua formazione umana, giovanile, le sue amicizie solide, le sue prime esperienze politiche, i suoi riferimenti educativi, morali e culturali.

A Coccaglio formò la sua nuova famiglia con la moglie Emanuela Martinelli, coccagliese autentica, e con le due figlie Elisabetta e Francesca.

Gervasio fu il principale protagonista delle vicende politiche, amministrative, sociali che hanno segnato la vita della comunità coccagliese dagli anni '70 in poi; possiamo senz'altro dire che non ci sia stato un avvenimento «pubblico» che non lo abbia visto protagonista.

Andò sempre fiero, orgoglioso quasi di questa sua appartenenza, di questo legame d'origine al suo paese; vi era in lui un sentimento radicato di consapevole appartenenza ad una storia, ad un destino comune che ha sempre caratterizzato le sue esperienze anche fuori dal paese: l'orgoglio di aver «radici» profonde che permettono alle piante di alto fusto di resistere alle intemperie ed alle bufere.

In sintesi, come ebbe a dire Padre Turoldo, Coccaglio era per Gervasio «il punto» dal quale guardava il vasto «orizzonte» della società universale.

Coccaglio è un piccolo paese (oggi conta circa 7.000 abitanti), posto ai piedi del Monte Orfano, una solitaria collina che delimita a sud la Franciacorta, all'interno del triangolo Chiari-Rovato-Palazzolo.

Negli anni '50 era un paese tranquillo, politicamente e socialmente, benché toccato da fenomeni di esodo dall'agricoltura e di pendolarismo, con un senso religioso molto diffuso e radicato fra i cittadini, legati ai valori della fede, della pratica dei sacramenti, della famiglia, del lavoro, della buona educazione e del rispetto delle autorità religiose e civili.

Gervasio, che apparteneva ad una famiglia del ceto medio, formò la sua personalità in questo ambiente alquanto tradizionalista, affrontando subito alcune esperienze difficili che lo fortificarono nel carattere, come la morte prematura del papà e le difficoltà economiche di una famiglia, affidata alla mamma Assunta, con tre figli ancora ragazzi ed impegnati negli studi.

Ciononostante riuscì, grazie anche a borse di studio, a conseguire la maturità classica con ottimi voti e a laurearsi alla Statale di Milano con una impegnativa tesi su Guido Miglioli e le lotte contadine. Tutto questo in virtù dei suoi grandi talenti: intelligenza, abnegazione, grande dedizione allo studio, alto senso di responsabilità, serietà e correttezza di comportamento.

Nel suo cammino di crescita e di formazione umana Gervasio, come tanti altri giovani, ebbe la fortuna di incontrare a Coccaglio due figure di sacerdoti di notevole spessore religioso, culturale, umano ed educativo: Don Remo Tonoli, il parroco, e Don Andrea Ferronato, il curato.

I due sacerdoti, insieme ai maestri Marocci e Partegiani, ricoprirono un ruolo fondamentale nel consolidamento in Gervasio di principi cristiani ed umani di attenzione alla persona umana, agli indifesi, agli ultimi, agli emarginati.

Fin dalla giovane età Gervasio si segnalò nelle attività oratoriali e diventò riferimento per gli altri, per la sua fede cristallina professata con assiduità, ma senza ostentazione, per la sua vivacità, il suo entusiasmo e lo spirito di iniziativa in tante attività di formazione e di catechesi.

Ma un giovane intelligente, sensibile, carismatico, ansioso come Gervasio non avrebbe potuto fermarsi al pre-politico: la sua prorompente tensione ideale e morale lo spinse a guardare, studiare ed affrontare i problemi della società, della comunità internazionale.

Il suo approccio al mondo della politica cominciò verso la fine degli anni '60. I movimenti studenteschi del '69 al liceo, l'ambiente dell'Università Statale, l'autunno caldo sindacale del '69, la rivoluzione culturale cinese, i fermenti del Concilio Vaticano II, l'influenza di figure come Kennedy, Papa Giovanni, Martin Luther King, le letture e gli approfondimenti di grandi educatori e sacerdoti come Don Milani e Don Mazzolari attirarono la sua attenzione e sensibilità ed alimentarono la sua intelligenza e i suoi propositi.

I suoi primi impegni furono per i temi internazionali, segno questo di una scelta della sua già matura apertura mentale: il Vietnam, il Cile di Allende, il terzo mondo, l'antimperialismo diventarono oggetto di iniziative, di incontri, di assemblee, di settimane di convegni condotte, a volte, al limite della provocazione, per smuovere, sensibilizzare, coinvolgere l'opinione pubblica coccagliese perplessa da tanto attivismo.

Con queste iniziative, che portarono a Coccaglio personaggi di alto livello, Gervasio riuscì a coinvolgere sia giovani che adulti sensibili ai richiami dell'impegno politico e sociale.

Vennero subito alla luce i suoi caratteri essenziali che verranno, in parte, mitigati dalla maturità; una forte dose di aggressività e di radicalismo, l'intelligenza, la coerenza ed il rigore sui principi, l'indisponibilità ai compromessi, il coraggio delle scelte.

L'attenzione alle vicende internazionali, alla mondialità, alla pace lo portò subito all'impegno politico e partitico come necessità di poter disporre di strumenti democratici ed incisivi per poter concorrere ai voluti cambiamenti.

Le sue prime esperienze politiche maturarono nel movimento giovanile della Democrazia Cristiana nella corrente Forze Nuove di Donat Cattin, che era passato alle cronache come Ministro del Lavoro per la vertenza Fiat dove aveva portato a termine una trattativa innovativa e migliorativa delle condizioni dei metalmeccanici. A livello bresciano entrò a far parte del gruppo politico meglio conosciuto come «il circolino» che aveva nell'onorevole Michele Capra, già operaio dell'OM, il proprio riferimento. Ben presto diventò uno stimato anche se scomodo, dirigente provinciale e nazionale del partito.

A Coccaglio la vita politica ed amministrativa appariva, agli occhi di Gervasio e dei giovani, piuttosto statica, conservatrice, improntata alla normale amministrazione.

Era, in breve, una pratica politica ed amministrativa non sufficientemente aperta ai nuovi fermenti giovanili, ai bisogni reali della gente popolare, delle classi sociali più deboli.

L'impatto con la politica locale di Gervasio e dei molti giovani che aveva coinvolto nel suo impegno fu esplosivo. Nel giro di pochi anni furono attivate iniziative, canali di informazione, seminari, giornate di studio sul monte, convegni, che concorsero a far maturare in Gervasio alcune prime convinzioni:
- la presenza dei cattolici in politica, nell'amministrazione della cosa pubblica, nelle varie forme associative era non solo opportuna,
ma fondamentale; considerava un errore la fuga del cristiano dall'impegno civile, sociale e soprattutto politico;
_ l'ispirazione cristiana poteva concorrere a disegnare una storia dell'uomo migliore, a dare un fine nobile all'azione politica;
- il solidarismo cristiano eticamente ispirato poteva dare risposte migliori per la promozione delle classi più deboli.

Riteneva che la politica dovesse essere la scelta di ogni cristiano che amasse veramente gli uomini, lo strumento per la realizzazione della «giustizia sociale» tesa al riscatto dei ceti popolari mediante la loro promozione umana, culturale e sociale.

Come Guido Miglioli lavorò per la piena legittimazione dei contadini, per l'inserimento dei salariati quali protagonisti della storia, così Gervasio lavorava per le classi popolari e per rendere classe dirigente i giovani.

Considerava essenziale lo strumento «partito» per la elaborazione di progetti, programmi, di strategie e per la promozione e la selezione della classe dirigente basate sulla capacità, sul lavoro, sull'applicazione, sulla progettualità.

Era talmente convinto del ruolo dei partiti che a Coccaglio, dopo aver conquistato con battaglie e scontri la Segreteria della D.C. ne caratterizzò i contenuti, le linee, l'organizzazione su alcuni principi da lui ritenuti irrinunciabili:
- un partito popolare di massa e non di opinione, di gente che opera e lavora, aperto ai giovani e che dà spazio alle iniziative più coraggiose;
- un partito di iniziativa e non di mediazione, continuamente alimentato da nuove idealità, aspirazioni, tensioni morali;
- un partito di scelta che non teme la lotta, le battaglie, gli scontri, l'impopolarità;
- un partito che si richiama ai principi della dottrina sociale della Chiesa e che non fa del rozzo anticomunismo, ma che intesse con le forze politiche popolari un confronto sui contenuti.

In sintesi, una forza popolare, solidaristica, interclassista che si batte per la promozione delle classi popolari e dei ceti medi, per uno sviluppo economico che veda una crescita armonica di tutta la comunità.

A Coccaglio Gervasio mise in atto il suo progetto, le sue intuizioni, il suo programma; sperimentò con successo un prototipo di gestione della cosa pubblica basato su alcuni capisaldi, quali:
- rendere la partecipazione alla vita politica, amministrativa e socia-le un fatto democratico, un atto responsabile di ogni cittadino, un diritto-dovere di ogni coccagliese;
- preparare e promuovere una classe dirigente popolare, sensibile, motivata, rigorosa nei metodi e nei principi, aperta ai problemi del popolo, innovativa nelle proposte, moralmente ineccepibile, trasparente e cristallina nei comportamenti;
- predisporre programmi amministrativi di grande respiro ma anche di forte concretezza frutto di elaborazioni, analisi, ricerche, confronti ed approfondimento dei militanti, dei cittadini, degli operatori economici e sociali, programmi ancorati alle esigenze del paese e dei suoi cittadini ma lungimiranti nelle scelte, nei contenuti e nelle prospettive;
- creare le condizioni di una crescita politica, culturale e sociale di tutta la comunità impegnata a costruire il proprio futuro contro il qualunquismo e la critica inconcludente.

In anni di duro lavoro, di iniziative incalzanti, di attività incessanti, di scontro talvolta con i benpensanti, Gervasio riuscì ad attuare il suo progetto che prevedeva la responsabilità diretta nella conduzione della D.C. locale e la partecipazione della classe dirigente, la quale, maturata sulle battaglie e sulle iniziative di quegli anni, costituì il governo della comunità locale dal '70 in poi nelle varie istituzioni e enti, realizzando con gradualità ma con costanza i programmi accuratamente studiati con precisi obiettivi.

Una gestione controllata del territorio attraverso piani comunali di edilizia residenziale, che consentirono a tante famiglie di costruirsi la casa in un tessuto sociale fortemente integrato ed inserito nel contesto urbano.

Una politica sociale basata su un forte intervento dell'ente locale, sulla valorizzazione del privato sociale e sulla partecipazione del cittadino che mise a disposizione dei cittadini coccagliesi:
- servizi innovativi alle persone (assistenza domiciliare integrata);
- la realizzazione di strutture moderne (casa di riposo, reparto protetto, centro sociale);
- la realizzazione di numerosi mini-appartamenti per anziani attraverso la ristrutturazione di cascine fatiscenti ed abbandonate.
- la responsabilizzazione delle risorse locali (Associazione Pensionati, Enti morali).

Una politica culturale attenta:
- alle esigenze della scuola con un innovativo piano del diritto allo studio;
- nuove strutture scolastiche (scuola elementare con palestra, auditorium, mensa);
- la istituzione di una biblioteca comunale;
- la valorizzazione della scuola materna locale, vista come patrimo-
nio culturale qualificante ed irrinunciabile di tutta la comunità.

La giustizia fiscale con le battaglie per una equa imposta di famiglia e per una giusta partecipazione dei cittadini al costo dei servizi.

Quindi Gervasio a Coccaglio realizzò il suo progetto che a mio avviso fu anche la dimostrazione di un suo «teorema» politico le cui principali tesi sono così riassumibili:
- il primato della politica nella definizione dei programmi amministrativi, delle scelte strategiche, degli indirizzi di fondo per contrastare ed indirizzare i preponderanti interessi privati;
- la compatibilità di politiche e di programmi fortemente caratterizzati, sul versante sociale, con le esigenze di un ordinato sviluppo economico del paese;
- la possibilità che la classe dirigente, selezionata dalla democrazia dei partiti, basata su comportamenti sani, eticamente ispirati, culturalmente preparata potesse avere il sopravvento rispetto agli interessi precostituiti, alle lobbies, ai padroni delle tessere.

Egli fu, nel caratterizzare il progetto «Coccaglio», sempre un coerente e convinto sostenitore della separatezza della politica dalla gestione amministrativa.

Non assunse mai incarichi amministrativi ma si dedicò alla formazione «politica» della classe dirigente ed alla elaborazione dei programmi con forti contenuti politici.

Pretese che i dirigenti di partito non avessero responsabilità di tipo amministrativo.

Elevato era in lui il timore che la prassi burocratica, la gestione dei problemi, l'assuefazione al potere scadesse nel pragmatismo, nella gestione burocratica, nel tecnicismo.

Aveva il fondato timore che il partito, con dirigenti impegnati nella amministrazione dei problemi, perdesse slancio, progettualità, fantasia, idealità, capacità di volare alto.

Gervasio fu soprattutto, per tanti giovani che avevano vissuto l'esperienza coccagliese, un grande e generoso amico. Vorrei dire che persino nell'amicizia riuscì primo per autorevolezza e disinteresse. Capace di donarsi agli altri, di manifestare la sua vicinanza nelle gioie ma anche nei momenti difficili, nelle grandi decisioni come nelle banalità, fu per molti amici una vera carica di energia vitale.

Il suo attivismo, il suo vigore ideale, la sua gioia di vivere - che riusciva a trasmettere a tanti giovani - generavano motivazioni, disponibilità, impegno.

La sua casa, nella caratteristica semplicità della sua vita, era il quasi quotidiano ritrovo di amici, conoscenti, parenti per un salutare colloquio, per una verifica dei programmi, per uno scambio di battute. Quella casa che la dolce Emanuela sapeva rendere sempre accogliente ed ospitale, dove Gervasio aveva formato la sua famiglia su solidi principi e che ha sempre visto Gervasio ed Emanuela uniti in forza del loro giuramento nel giorno del matrimonio:
«ora abbiamo bisogno di noi, non solo per i garofani, non solo per cercare miele. Abbiamo bisogno delle nostre mani per lavorare ed accendere il fuoco e che osi il tempo duro sfidare l'infinito di quattro mani e quattro occhi!» .

Gervasio, nella sua appassionata testimonianza, ha lasciato ai coccagliesi una grande eredità morale ed un patrimonio ideale di inestimabile valore che potrà essere sempre di riferimento per le future generazioni.

I punti salienti del messaggio che la sua testimonianza terrena ci ha consegnato rimangono i seguenti:

L'impegno politico, sociale, l'assunzione di responsabilità, la partecipazione attiva che deve essere una scelta di ogni cristiano per realizzare sulla terra la giustizia sociale e la convivenza costruttiva tra i popoli. Il cristiano impegnato deve avere un qualcosa in più, un supplemento d'anima perché illuminato dalla fede, perché alimentato da riferimenti, da principi e valori elevati. Il cristiano deve essere una guida, una testimonianza di virtù e di sensibilità.

La società civile, il futuro di una comunità sono destinati al degrado senza nobili principi, senza valori guida, senza idealità, senza regole. Le nuove generazioni per maturare responsabilmente hanno bisogno di guide, di testimonianze, di progetti, di maestri di vita ma anche di genitori responsabili, di motivati educatori, di attivi protagonisti. Le persone dotate di talento devono mettersi a disposizione degli altri, devono utilizzare le proprie doti, le proprie capacità per realizzare le condizioni di una promozione sociale e culturale dei più deboli, di una crescita armonica della comunità, di un progresso a misura di ogni uomo.

L'esigenza della «moralità» dell'uomo pubblico. Chi ricopre incarichi pubblici deve dimostrare trasparenza, comportamenti limpidi, corretti, atteggiamenti cristallini. Non gli è consentito di utilizzare le istituzioni per vantaggi personali. Se vuole avere autorevolezza morale anche per chiedere sacrifici l'uomo pubblico deve essere un riferimento ideale, valoriale: solo così il cittadino si riconoscerà nelle istituzioni democratiche.

L'onestà. Come scrisse il giornalista Giorgio Sbaraini:
«tutta la sua vita parla un linguaggio univoco di cristallina pulizia interiore e di comportamento. Mai, neppure per caso, sfiorata da ombre, dubbi o illusioni. L'onestà fu la virtù della sua vita».
La coerenza: la coerenza tra moralità pubblica e quella privata, tra il dire ed il fare, tra l'essere e l'apparire. Considerava la famiglia il nucleo portante della società ed aveva formato la «sua» unita, sana, ispirata ad autentici valori umani e cristiani. Esigeva impegno, disponibilità, spirito di sacrificio: il suo lavoro di insegnante ne rimarrà un esempio.
Invitava gli amici alla sobrietà e conduceva una vita parsimoniosa ma decorosa, consentita dal solo stipendio di insegnante.
L'impegno disinteressato. La sua attività era rivolta agli altri. Non ha mai chiesto ed avuto posti gettonati in quanto in lui la politica era intesa e vissuta come servizio, un esercizio di carità nei confronti del prossimo.

È stato scritto di lui:
«Non ha mai agito per calcoli, per convenienze, per opportunismo. Quand'era convinto che una cosa era giusta sentiva come dovere irrinunciabile il sostenerla, costasse quel che costasse».
Era intransigente sui principi fino alla testardaggine.
La vita semplice. Non rincorrere il consumismo, non inseguire le facili chimere, le false illusioni, vivere dignitosamente con sobrietà, in armonia con se stessi, con la propria famiglia, con gli amici, con l'ambiente che ci circonda. La vera ricchezza è quella interiore, il vero appagamento è il servizio agli altri: il suo entusiasmo e la sua gioia di vivere ne rimarranno una testimonianza. Non montarsi la testa, avere la consapevolezza dei propri limiti, non sentirsi indispensabili ma cercare di realizzare il «cammino» a cui si è chiamati.

La vita semplice fu l'abito della sua esistenza.
Alla sua scomparsa molti di noi si chiesero: «Come sarà Coccaglio senza Gervasio?».
Forse perché non saremmo stati capaci di immaginare il nostro paese senza la sua presenza, abbiamo costituito l'Associazione Gervasio Pagani ed abbiamo dedicato alla sua memoria il Centro Civico Culturale.

L'Associazione in questi 10 anni, con i suoi 800 associati, ha operato con impegno per far rivivere la sua testimonianza, per diffondere le sue lungimiranti intuizioni, le sue analisi profetiche, la sua lezione di vita.

Decine e decine di iniziative, di manifestazioni, di convegni, di incontri che hanno portato a Coccaglio ed a Brescia alte e qualificate figure della politica, della cultura, della chiesa, del volontariato, della società civile per discutere dei temi che avevano appassionato Gervasio: la pace, il modello di sviluppo, la scuola, la politica, il cattolicesimo democratico, la questione morale, sono state iniziative di grande interesse che hanno evidenziato l'attualità del pensiero di Gervasio.

Certamente in questi anni è venuto meno il «faro» illuminante della sua presenza, della sua guida; ma la sua eredità è stata per molti di noi la «candela accesa» che ci ha permesso di avanzare nel buio di questa fase di transizione. 

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