CONSIGLIO NAZIONALE ROMA DC 16/10/1982
La relazione ampia e così ricca di spessore culturale, di finezza politica e di tensione morale che il segretario politico ha presentato a questo primo Consiglio Nazionale dopo il xv Congresso rappresenta un coerente sviluppo della piattaforma che lo ha portato alla guida del partito. I molti riconoscimenti alla linea della segreteria, all'efficacia delle iniziative soprattutto nel rapporto con gli altri partiti rappresentano oggi in modo significativo un patrimonio comune.
Troppe dichiarazioni di esponenti della minoranza mi sembrano comunque più preoccupate di dimostrare che il segretario si sarebbe convertito al preambolo piuttosto di comprenderne la strategia, che può essere di tutta la Democrazia Cristiana. L'iniziativa della segreteria in verità ha rimosso l'idea di una sudditanza della DC ai socialisti, riproponendo il nostro ruolo centrale e recuperando altresì il confronto con il Partito Comunista, che, a sua volta, non pare più essere quello del tempo della solidarietà nazionale. Del resto soltanto una DC impegnata a ridefinire una sua specificità e a qualificarsi con una proposta può concorrere positivamente a superare il momento difficile della democrazia italiana e a respingere tentativi di snaturamento della propria funzione di equilibrio e del quadro politico nel suo complesso. E allora porre come obiettivo l'alternanza significa lanciare e accettare in campo aperto la sfida sul terreno dei contenuti, varare maggioranze in base alle omogeneità politiche, rimuovendo le pregiudiziali di ordine ideologico, e incalzare la sinistra di matrice comunista sul terreno della cultura di governo e delle alleanze dentro il sistema liberaI-democratico occidentale.
Con questa impostazione i partiti laici e il Partito Socialista sono così costretti a non limitare le loro iniziative alle questioni di schieramento, potendosi concedere poi spregiudicate e ambivalenti alleanze, ai vari livelli, bensì a rimuovere la questione della democrazia bloccata e a lavorare sulla qualità della proposta politica, dentro un contesto internazionale che registra non solo il fallimento irreversi bile del modello del socialismo realizzato ma anche difficoltà e carenze del modello riformista keynesiano sia nella versione socialdemocratica che in quella cristiano-sociale. Lo stesso Partito Socialista non può far finta di ignorare che la creazione di una forza socialista e democratica a larga diffusione popolare può essere costruita solo coinvolgendo o attraendo attorno a politiche democratiche gran parte se non tutto l'elettorato comunista. Pare a me allora che la proposta politica della segreteria si iscriva dentro la riflessione dell'ultimo Moro sulla terza fase e cerchi di svilupparla. La politica insomma, dopo la caduta delle infatuazioni ideologiche, deve ritrovare ispirazione in una nuova moralità e razionalità, deve riconquistare credibilità tornando a fare il suo mestiere, che se non è quello di promettere paradisi impossibili non è neppure quello di gestire con grigio pragmatismo e senza prospettive l'esistente; le compete invece capire il fluire complesso dei processi economici e sociali, interpretare i mutamenti del costume e della cultura e selezionare classi dirigenti capaci di governarli e di valorizzarne gli aspetti positivi che vanno nella direzione dell'affermazione della dignità umana e del progresso civile.
Purtroppo l'artificiosità di molte dispute e i valori obiettivi elettoralistici di tanti e diversi protagonismi riconfermano giorno dopo giorno il distacco della politica dalla gente, dal cittadino laborioso e onesto. Qui si colloca l'esigenza di una forte iniziativa della Democrazia Cristiana sul terreno dei contenuti che dia il segno di un impegno per affrontare e per risolvere i problemi del paese con un linguaggio franco e sincero e con comportamenti fermi, coraggiosi e coerenti. Devono sapere chiaramante gli italiani che la Democrazia Cristiana vuole governare la crisi, che è disponibile ad assumere anche atteggiamenti impopolari se questi sono necessari per affermare il bene comune.
Concediamo pure ai nostri avversari una certa diffidenza, se è vero che nel passato non siamo stati certamente indenni da errori; ma dimostriamo anche con il coraggio e la coerenza, che hanno contraddistinto la Dc nelle stagioni decisive della democrazia italiana che noi non siamo un incidente storico appunto perché nelle fasi cruciali per la sorte dell'Italia non ci tiriamo indietro e giochiamo tutto il peso delle responsabilità che competono ad una grande forza popolare profondamente radicata nel tessuto civile, culturale e ideale della società italiana.
Ma l'efficacia di una proposta è proporzionale alla credibilità degli strumenti e degli uomini indicati per attuarla.
Per questo la questione morale e il rinnovamento, l'intensificazione del processo di apertura del partito alla società e alle molte e qualificate energie della tradizione democratico cristiana sono passaggi obbligati.
Pià volte recentemente il segretario politico si è assunto sulla questione morale l'impegno solenne di passare dalle parole ai fatti, dalle denunce agli atti concreti. In verità, anche in vicende abbastanza recenti come quella dolorosa e infamante della n, sono prevalsi i buoni propositi rispetto ai fatti, cosi che, nonostante i solenni pronunciamenti circa l'incompatibilità morale tra militanza democratica cristiana e appartenenza alla massoneria, spesso è capitato di constatare una troppo larga indulgenza, magari strappata con pressioni e patteggi amenti , piuttosto che una doverosa intransigenza. Lo stillicidio delle molte accuse calunniose verso uomini anche autorevoli del nostro partito da parte degli organi di stampa sono incoraggiate anche da questa prassi eccessivamente assolutoria verso tutto e tutti che rende imbarazzati e impotenti anche gli innocenti, che sono i pià, oltre che sconcertati i quadri migliori del nostro partito e l'elettorato pià fedelmente legato alla ispirazione cristiana.
È apprezzabile che il prossimo congresso regionale delle DC siciliana abbia posto come indicazione prioritaria la lotta alla mafia, ma, credano gli amici siciliani, lo dico con grande spirito di solidarietà, forse proprio i troppi silenzi e l'eccessiva indifferenza del passato, non solo nostri per la verità, hanno incoraggiato le bande del crimine organizzato ad eliminare uomini coraggiosi e puri che si sono battuti per il primato della legge, della verità e della giustizia.
Infine, caro De Mita, dovranno pur essere stabilite norme di incompatibilità morale tra certe professioni e certi incarichi pubblici ricoperti a nome della Democrazia Cristiana, per evitare situazioni imbarazzanti e sconcertanti, e andranno intensificati controlli affinch&S, fatta eccezione per determinate impegnative responsabilità, diminuisca il numero dei molti, dei troppi che vivono della politica invece che della loro professione e del loro lavoro.
È pur vero che c'è bisogno sul tema della moralizzazione di una mobilitazione di tutta la società italiana, delle più significative energie morali e civili, ma essenziale è la funzione delle istituzioni e degli uomini che le compongono, ai quali si richiede coerenza di comportamenti fino al limite del sacrificio personale. Su questo terreno si misura la capacità di coinvolgimento di forze sane ed esigenti che guardano con fiducia e con interesse alla Democrazia Cristiana.
L'Assemblea Nazionale del novembre scorso ha avviato una stagione nuova del partito. Quell'iniziativa va giustamente ripresa e rilanciata cosi come ha proposto il segretario perché vanno approfondite le analisi e le proposte sull'adeguamento della forma partito ad una società più esigente, e soprattutto occorre completare e rafforzare il processo di rinnovamento attraverso una chiamata a raccolta di intellettuali, esponenti rappresentativi dell'impresa, delle professioni, del mondo del lavoro per qualificare una proposta con un appello alla società.
Ma in questa fase è la drammaticità della crisi economica e il pericolo che si accentui la disgregazione sociale che pretendono risposte perentorie e provvedimenti decisi e coraggiosi.
È impegnativo fare il discorso dei sacrifici nella società dove il consumo senza misura è diventato regola di vita di vasti strati sociali. Ed è ancora più difficile e arduo acquisire un consenso quando magari il sistema politico in quanto tale è in difetto di credibilità. Ma, in verità, questa sola è la strada della serietà e della fiducia: accettare e percorrere fino in fondo il cammino dei sacrifici, del rigore, della razionalità, chiarendo che si tende a ricreare le condizioni di una non artificiale espansione del nostro sistema economico, prospettando una distribuzione dei sacrifici proporzionale alla capacità delle classi e dei gruppi sociali, proponendo con forza il valore della solidarietà, perché una democrazia, se pensa ai sacrosanti diritti degli occupati, ha il dovere di guardare con crescente preoccupazione ai disoccupati e ai giovani in affannosa ricerca di un posto di lavoro, specialmente nel Mezzogiorno. I giovani, se privi di occupazione stabile, sono destinati ad accrescere aree di lavoro precario, di lavoro nero o, peggio ancora, ad infittire la triste schiera della emarginazione, della tossicodipendenza e della delinquenza. L'occupazione e il posto di lavoro sono, come io credo, una priorità assoluta: la DC deve spiegare agli italiani che in base ad essa bisogna ricostruire il meccanismo della politica salariale e dei criteri di raccolta e di distribuzione del reddito. È largamente riconosciuto che il più grosso veicolo di inflazione deriva dalla voracità della nostra spesa pubblica. Essa va ridotta eliminando sprechi e privilegi e intensificando con rigore e con fermezza la lotta alla evasione soprattutto verso quei ceti che hanno ottenuto molto dal progresso nella libertà e ai quali, soprattutto noi per la responsabilità che ci compete e per i valori che ci contraddistinguono, dobbiamo chiedere di fare il loro dovere e di contribuire al risanamento in proporzione al reddito acquisito, come da sempre fanno i lavoratori dipendenti.
Solo in questi ultimi tempi si è ripreso ad affrontare, in nome dell'efficienza, della produttività e della responsabilità, il problema delle disfunzioni nella pubblica amministrazione e delle sperequazioni presenti nella cosiddetta spesa sociale. Non è possibile che importanti servizi sociali costino in modo irrisorio anche rispetto a consumi superflui ormai largamente diffusi e che siano distribuiti a piene mani anche a chi ha raggiunto un tenore di vita rispettabile; che nelle autonomie locali si sia perso qualsiasi criterio di equità e di misura nella realizzazione e nei criteri di gestione dei servizi fondamentali, con il risultato che le comunità più ricche possono permettersi lusso e sprechi, quando le comunità più povere non sono nella condizione di approntare le strutture appena necessarie. Non può essere più oltre consentito che dallo Stato siano trattati allo stesso modo coloro che amministrano con rigore ed equità e coloro che navigano tra demagogia e clientelismo.
Cosi pure vanno immediatamente rimossi assurdi privilegi presenti specialmente nel campo pensionistico del pubblico impiego, fra i quali, cito solo uno degli esempi più scandalosi, la possibilità di andare in pensione percependola immediatamente dopo un periodo di 18 anni sei mesi e un giorno, magari neppure tutti di effettivo lavoro.
Una riduzione della spesa pubblica consentirebbe di indirizzare importanti quote di capitale nella direzione di investimenti produttivi, mentre ora la spesa pubblica si foraggia in larga misura assorbendo circa il 60-70% dei risparmi degli italiani. Proponiamo il superamento della vecchia concezione secondo la quale gli investimenti produttivi sono prerogativa esclusiva della stato e degli imprenditori, cosi che il contenimento o il risparmio salariale per chi è già occupato possa diventare fonte di finanziamento da gestire, quale contributo autonomo dei lavoratori, per la crescita di nuovi posti di lavoro. Quella testimonianza tangibile di solidarietà che va richiesta con forza ai ceti sociali più abbienti attraverso lo strumento fiscale, può assumere grande significato e ottenere ascolto, anche tra i lavoratori con l'introduzione della riduzione dell'orario settimanale che preveda un recupero parziale del salario: è significativo che questa proposta sia venuta da trenta delegati di fabbrica DC dell'OM-FIAT di Brescia. Altro strumento significativo per un allargamento dei livelli occupazionali è da ritenersi il part-time, che, dopo una prima fase necessaria di sperimentazione, va incoraggiato, sostenuto e regolato da una normativa salariale e pensionistica direttamente proporzionale al tempo e alla durata della prestazione. Cosi pure il raggiungimento del regime di ferie scaglionate offrirebbe più posti di lavoro e maggior sicurezza.
Infine, la proposta della Democrazia Cristiana deve essere contraddistinta da un forte respiro solidaristico, che salvaguardi e difenda il tessuto migliore e più sano del Paese, quello che sempre ha accettato e sopportato i sacrifici con grande dignità. L'inflazione è pagata in termini diversi e disuguali dagli italiani. Va affermato che molti, grazie all'automatismo della scala mobile cosi come è concepito e strutturato, hanno tratto vantaggi considerevoli: basti pensare alla giungla dei salari familiari derivante dal numero delle persone occupate che rendono estremamente diversificata la condizione delle familie. Una scelta prioritaria va fatta dalla Democrazia Cristiana: tutelare il potere d'acquisto reale dei nuclei familiari monoreddito con figli a carico.
Ha ragione il segretario politico. Solo con una forte proposta politica e programmati ca è possibile ridefinire il ruolo del partito. Vi sono le condizioni per una convergenza anche della minoranza attorno alla linea della segreteria. Il massimo di unità è un patrimonio preciso per una DC che vive una fase difficile di rilancio del suo ruolo. Ma essa non deve assomigliare agli accorpamenti del passato. Se il criterio è la omogeneità di giudizio politico, non si deve concedere spazio alla logica delle molte convenienze.
Il Congresso ha eletto direttamente il segretario per liberarlo dai condizionamenti del più deteriore correntismo, per garantire stabilità e autorevolezza alla guida del partito. Finora il segretario ha utilizzato efficacemente questo potere. Continui a farlo, perché occorre molto di più. E il partito, tutto il partito, lo aiuti nell'esercizio di questo ruolo e gli riconosca nella trasparenza questo potere. La scelta cada sugli uomini non tanto per le frazioni che rappresentano ma per le qualità e per la disponibilità che testimoniano.
Un'unità a tutti i costi, per annacquare l'esito del congresso e quanto di preciso finora è stato fatto, non servirebbe a nessuno e sarebbe dannosa.
La Democrazia Cristiana deve dire nei prossimi mesi al paese, agli altri partiti, anche a quelli alleati, che bisogna prima di tutto governare e affrontare i problemi, deve qualificare una sua linea, distinta dalle scelte del governo, capace di determinare una forte mobilitazione nella società.
L'obiettivo immediato allora è lavorare perché il partito sia attrezzato per questo sforzo e degno di acquisire nuova credibilità.
Nessun commento:
Posta un commento